“Come rami intrecciati” è il progetto fotografico realizzato dai detenuti della Terza Casa circondariale di Rebibbia sulla violenza sulle donne. Un fenomeno tristemente diffuso ovunque, da sempre. Ma spesso la violenza non ha un volto, non ha immagini. È più frequente parlarne e scriverne, raramente si elaborano messaggi visivi. Affrontare questo tema delicato e comunicarlo attraverso il mezzo fotografico è stata una sfida complessa che i partecipanti hanno affrontato con entusiasmo, ideando e realizzando personalmente tutti gli scatti, riuscendo a trasferire nelle fotografie la loro interpretazione della violenza di genere. Dalle immagini si percepisce il caos e il dolore muto che la violenza provoca, la vergogna e la paura, il buco nero che risucchia chi la subisce e chi la pratica. Ma dopo tutto il buio, nonostante le sofferenze e le denigrazioni, possiamo sempre scorgere una luce. Magari debole e fragile, ma pur sempre una luce. Le parole e le immagini con cui condividiamo il rispetto e l’amore, armi invisibili per combattere la violenza, sono come rami intrecciati. Sono le braccia di tutte le donne del mondo che si tengono l’una all’altra, in un groviglio immaginario che è un girotondo di speranza e forza.